Per quanti di noi la “pausa caffè” è un
momento sacro della giornata, atteso e preparato con cura e dedizione? Ma
in ogni tazzina che ci porgono al bar e a casa, c'è dentro anche un po' di
storia.
Rappresenta, per molti, il primo contatto con
il nuovo giorno. Per altri è la più piacevole pausa nei momenti di stress da
lavoro. Per altri, infine, rappresenta la giusta carica nei momenti di stanchezza.
Nero, dolce e bollente come piaceva a Eduardo De Filippo; lungo, come lo bevono gli
americani ed i tedeschi; oppure, un veloce espresso da bar, o ancora una profumata
cerimonia casalinga, il caffè è
soprattutto un rito sociale, oltre che un piacere per il palato, ed è legato
alla modernità, tanto che si può associare all’ evoluzione degli usi e dei
costumi in Europa negli ultimi secoli.
Gli artisti, come sempre testimoni
privilegiati e sensibili degli atteggiamenti e delle abitudini diffusi, colgono
subito l'importanza del "rito" del caffè, tanto che la diffusione
della calda bevanda fra la gente di ogni ceto, lascia la propria traccia
nell'arte figurativa fin dal Seicento.
E' in quest'epoca che il caffè fa la
sua comparsa da nuovo protagonista di moda sulle mense. In una pregiata natura
morta di Zurbaran, la tazza di caffè ha pari dignità figurativa, nella
composizione dello spazio, rispetto al piatto di cedri e al cesto di arance.
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Francisco
de Zurbaran “ Piatto di cedri, cesto di arance e tazza con rosa”
(1633, Los Angeles, Norton Simon Foundation)
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E' però nel Settecento che, grazie a
Hogarth, artista celebre per la sua capacità di rappresentare con ironia e
partecipazione, vizi e manie sociali della sua epoca in sequenze di quadri che
vogliono essere a seconda dei casi racconti amari o pungenti per satira, che
abbiamo la prima apparizione su tela, degna di una vera primadonna, delle tazze
di caffè.
La grande attenzione di un autore come
Hogarth alle tendenze della società fa sì che lui metta in scena l'abitudine di
bere il caffè in compagnia, come strumento per sottolineare amicizia,
solidarietà di ceto e capacità di essere al passo con le mode dei tempi; e
sappiamo, anche grazie alla testimonianza del teatro di Goldoni, quanto nel
Settecento il caffè fosse diventato un vero e proprio obbligo sociale al quale
ben pochi erano capaci di sottrarsi.
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William Hogarth, "Levee'" della contessa (1745, Londra, National Gallery)
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E se nel Settecento il caffè era
un'abitudine nella quale si rispecchiava soprattutto la magnificenza della
nobiltà e della gente del "gran mondo", nell'Ottocento diventa
compagno addirittura inseparabile della classe media, tanto da comparire
frequentemente nelle tele di quell'epoca.
E' un soggetto al quale ad esempio
sembra attento Manet, che da buon osservatore lega la presenza del caffè tanto
a scene di ambiente domestico, come la "Colazione nello studio",
quanto a scene tipiche della socialità parigina, come accade in "Coppia al
Père Lathuille", dipinto nel quale un bricco di caffè nelle mani di un
cameriere fa da contrappunto alla vicenda sentimentale che si svolge in primo
piano, rendendo perfettamente i caratteri briosi di una commedia francese di
fine Ottocento.
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Eduard Manet "Colazione nello studio" dipinta nel 1868 (Monaco, Neue Staatsgalerie) |
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Eduard Manet “Coppia al "Pere Lathuille” (1879, Tournai, Musee des Beaux-Arts) |
A questa scena sembra fare eco quella
rappresentata in una tela di Renoir, "Alla fine della colazione",
dove, se il centro della composizione è rappresentato dalla luminosità delle
figure femminili e dalla sensazione di soddisfatta sazietà che l'immagine
trasmette, è anche vero che le raffinate tazzine dalle quali i protagonisti
hanno gustato il caffè sono una nota scenografica di primaria importanza, per
contribuire a definire il momento di piena soddisfazione e il piacere della
compagnia, che come sempre in Renoir è elemento essenziale.
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Auguste Renoir, “Alla fine della colazione” (1879,Francoforte, Stadesches Kunstinstitut). |
All'incirca della stessa epoca è un
suggestivo dipinto di Silvestro Lega, della corrente dei Macchiaioli: "Un
dopo pranzo".
Qui la scena non è cittadina, ma il
caffè entra in scena come bevanda ristoratrice in un assolato pomeriggio,
trascorso da una famiglia borghese al riparo di un pergolato, e sembra davvero
complice della stessa armonia familiare, e della pace pomeridiana della
campagna; come tutte le abitudini migliori, diventa un punto di riferimento
grazie al quale il benessere dello stare assieme viene confermato e rafforzato.
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Silvestro Lega “ Un dopo pranzo” (Il pergolato) (Milano, Pinacoteca di Brera). |
Non dimentica l'importanza del rito
del caffè neppure Paul Cezanne, che anzi lo rende coprotagonista del suo
"Donna con caffettiera", nel quale è appunto solo la donna del titolo
a fare da contraltare visivo alla caffettiera e alla tazzina, e sembra proprio
che ciò che viene fatto risaltare dall'artista sia l'importanza e l'intimità
del "rito", come a voler segnalare il ruolo che ormai ricopre il
caffè nelle case borghesi.
Di poco posteriore è "La tazza di
caffè" di Pierre Bonnard, e anche qui viene colto un momento di intimità
domestica, ma da un'angolazione diversa, e maggiore è il risalto dato alla
tavola (spiccano i colori della tovaglia); e il posto delle tazze di caffè è
diventato centrale, sicché ciò che si vuole sottolineare sono proprio le forme
e i colori che si accompagnano al "rito", facendone un momento a parte
nella vita privata delle persone.
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Pierre Bonnard “La tazza di caffè” del 1914
(Londra, Tate Gallery)
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Nell'arte del Novecento, il caffè
diventa a volte pretesto per riflettere sui ritmi fagocitanti della vita
moderna, o sulle sue contraddizioni. E' il caso ad esempio della tazzina di
caffè che compare fra le mani della pensosa e fragile donna ritratta in
"Automat" di Edward Hopper, che sembra isolata in un luogo che
dovrebbe invece favorire la socializzazione; lei ha solo la compagnia del suo
caffè, e in quello sembra rispecchiare i propri pensieri, forse per ritrovarne
il filo o per ripensare alla sua giornata. Una scena che si può ritrovare in
certi posti dell'America urbana ma anche di quella periferica.
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Juan Gris, Automat (1927, Des Moines (lowa), Des Moines Art Center)
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Nel "Petit dejeuner" di Juan
Gris il caffè diventa invece simbolo della modernità, sul quale esercitare la
propria critica e viene quindi coinvolto in un vortice di scomposizione delle
forme che ricorda l'insegnamento del Cubismo.
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Juan Gris “ Petit dejeuner” (New York, Museum of Modern Art Queens)
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Il caffè poi, come ricordava Van Gogh
("Il caffè di notte"), è anche il luogo in cui si consuma la bevanda.
Un luogo nel quale c'è il segno delle passioni umane, delle loro speranze,
tutte riflesse nei colori che l'artista tende a enfatizzare. La capacità del
caffè di unire le persone attorno al "rito" viene vista qui nel suo
lato più sofferto, luogo di incontro di mondi diversi e di persone che cercano ristoro
e compenso alle ingiustizie di ogni giorno.
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Vincent van Gogh “ La terrazza del Caffè in Place du Forum ad Arles di notte”
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