mercoledì 19 giugno 2013

Storie di uomini e di bottoni

L’omone arriva dietro il banco, dopo un po’ che mi guardo in giro affascinata.

La bottega è l’antro delle meraviglie: vetrinette luccicanti di bottoni e passamaneria come non se ne vedono più. Mi sono fatta le viuzze del centro di Palermo per arrivare fin qui, ma ne valeva la pena.

 Sbuffando per lo spostamento rapido, mi chiede se già mi stanno servendo. No, sono venuta perché mi hanno regalato bottoni fatti da lei e ne sono rimasta colpita. Il suo sguardo comincia a illuminarsi. Va e torna con une bella scelta di opere.

Ma voglio qualcosa di più, di diverso, di antico… -Ho capito, lei è un intenditrice!- Lo sguardo adesso brilla e l’omone sembra leggero che quasi vola. Porta il suo tesoro, lo mostra e comincia a raccontare.



E’ una storia che inizia nel dopoguerra, con il nonno del signor Fabio che raccoglie i cupolini degli aerei caduti e recupera il plexiglas, un materiale allora raro. E con quello, ovviamente, fa i bottoni. Nell’Italia povera ma piena di speranza di quasi settant’anni fa, i limiti e la scarsità sono stimolo alla fantasia. Il padre di Fabio usa anche il cibo per inventare bottoni nuovi ed economici: la pasta (stelline, ditali, spaghetti) e i grani di pepe vengono montati a mosaico su una base di materiale plastico. Poi, li si vernicia, per camuffarne l’origine e renderli affascinanti e misteriosi. L’aerografo è proibitivo: lo sostituisce al meglio il mitico tubo del flit…


Penso che è proprio da questo clima che, in fondo, è nata la grande stagione del design italiano. Meravigliosi creativi che sognavano partendo da un niente e hanno fatto crescere e volare questo Paese. Come sono cambiate oggi le cose… C’è che si sveglia al mattino e decide di essere un artista. E c’è chi pensa che basti una laurea in una disciplina col nome che suona bene per diventare l’erede di Munari.



Poi, l’industria rinasce. Arrivano i nuovi materiali. Il signor Carieri incide con maestria il crystal, trasparente,  scolpisce fiori e li colora. Oppure lavora la galalite (dal greco pietra di latte), bianca e opaca, ottenuta dalla caseina. Arrivano le plastiche: il LAES si ammorbidisce col calore e permette di inserire minuscoli cristalli colorati. A volte, l’artista dei bottoni si ritrova a sminuzzare conchiglie per comporre mosaici di madreperla all’interno dei fondelli.



La crescente disponibilità di materiali polimerici produce la grande rivoluzione industriale nel mondo del bottone. Nascono i bottoni colati negli stampi, che prendono il sopravvento sui più laboriosi bottoni scolpiti. I Carieri però non rifuggono dal progresso. Affascinati dalle nuove materie prime, le lavorano con tecniche antiche: la colatura non esclude la successiva tornitura ed i vari raffinamenti che rendono il prodotto artigianale unico e superiore. Con la perlite lavorata a caldo, a mani nud, il padre di Fabio crea delle incredibili forme annodate.



Infine, il ciclone Swarowski: perline e strass variopinti invadono il mondo e danno ai nuovi benestanti l’illusione di essere cosparsi di gioielli come i principi del passato. Il successo è tale che i Carieri devono allargare la fabbrica ed assumere tanti operai. Che bei tempi…



Oggi Fabio continua la tradizione di famiglia. Con tutte le difficoltà che un’Italia ingrata regala da sempre al Sud. Ma lui non si lamenta troppo. Come il nonno fondatore, è convinto che proprio dalle ristrettezze nascono le grandi idee e le creazioni innovative. Come il vino, che esce migliore dalle viti più sofferte.


Compro una fetta del suo tesoro e me ne vado ricca. Non solo di bottoni.

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